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Licenziato il lavoratore che rifiuta il trasferimento e cambia orario di lavoro

2024-02-17 13:19

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Licenziato il lavoratore che rifiuta il trasferimento e cambia orario di lavoro

Ribadito dalla Cassazione il venir meno del vincolo fiduciario fra le parti.

Ribadito dalla Cassazione il venir meno del vincolo fiduciario fra le parti.

Lo scorso 13 febbraio, con pubblicazione  dell’ordinanza 3929/2024, la Corte di cassazione ha confermato quanto già definito nei precedenti due gradi di giudizio: è legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuta di recarsi presso altra sede lavorativa e, inoltre, modifica l’orario di lavoro, senza che vi sia alcuna richiesta e accordo con il datore di lavoro stesso.

Già il Tribunale di Palmi prima e la Corte d’appello di Reggio Calabria poi, avevano rinvenuto nel comportamento del lavoratore motivi per ricorrere al licenziamento per giusta causa, dovuto al venir meno del vincolo fiduciario fra le parti; tuttavia, il lavoratore ricorreva alla Cassazione contestando quanto stabilito dalla Corte d’appello, che riteneva specifici, tempestivi e fondati i motivi del licenziamento.

La Corte d’appello, nel confermare il giudizio di proporzionalità espresso dal primo giudice, ripercorreva la vicenda evidenziando che il lavoratore, assente dal lavoro per un evento di malattia, risultava -prima di riprendere la propria attività- guarito e idoneo alla mansione; nonostante tale giudizio positivo, il lavoratore, al rientro dall’assenza, rifiutava di recarsi presso la nuova sede di lavoro, già comunicata nei mesi precedenti e, inoltre, nei giorni successivi prendeva servizio e terminava la propria attività lavorativa in orari differenti rispetto a quelli concordati in fase d’assunzione.

La Corte d’appello, analizzando tale condotta, rilevava inoltre la recidiva contestata e altre condotte tenute in precedenza dal lavoratore, sebbene non sanzionate, e concludeva condividendo il giudizio del Tribunale di Palmi, anche in considerazione del fatto che il lavoratore era rimasto silente di fronte a tali contestazioni.

Avverso tale decisione il lavoratore ricorre alla Corte di cassazione, contestando sia il fatto di non aver recato nocumento al datore di lavoro con la propria condotta, sia la tardività del licenziamento rispetto alle contestazioni mosse e prese in considerazione (anche dai giudici), dando così origine a una decisione frutto di pregiudizio, determinato dalle pregresse condotte registrate negli anni precedenti il fatto scatenante il licenziamento.

Secondo il lavoratore, inoltre, il Giudice non aveva tenuto conto della circostanza in cui gli eventi si erano verificati, riferendosi alla sua forte opposizione alla comunicazione di trasferimento, comunicata durante il corso della malattia.

Il giudice di legittimità rigetta completamente le contestazioni del lavoratore e, in relazione al primo punto di opposizione, ovvero il pregiudizio collegato ai precedenti richiami disciplinari comminati al lavoratore, specifica come in questo caso ricorra la cosiddetta “doppia conforme”, ai sensi dell’articolo 348 ter, commi 4 e 5, del codice di procedura civile, con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex articolo 360, comma 1, n.5, del codice di procedura civile, non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice.

Pertanto, in funzione di quanto sopra analizzato, la Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Cit. “Il Sole 24 Ore”



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