Come per i lavoratori sportivi, anche i compensi eventualmente erogati agli amministratori delle società sportive sono soggetti a limiti specifici, in rispetto al divieto di distribuzione indiretta degli utili volto a mantenere l’assenza di scopi di lucro delle società medesime, sancito dall’articolo 8, comma 2 del Dlgs 36/2021.
Il riferimento normativo indicato afferma infatti che viene considerata tale «la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto. Ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma, si applica l’articolo 3, comma 2, ultimo periodo, e comma 2-bis, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112».
Nello specifico, pertanto, viene considerata distribuzione indiretta di utili, ai sensi del citato articolo 3, comma 2, lettera a) del DLgs 112/2017 «la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni».
Un’indicazione piuttosto generica che non consente una determinazione certa della giusta misura del compenso.
In mancanza di indicazioni precise, può essere d’aiuto volgere lo sguardo verso le disposizioni normative previgenti nonché alcune pronunce di prassi.
Nella risposta ad interpello 452 del 2019, l’Agenzia delle entrate ricorda che l’articolo 10, comma 6, lettera c, del Dlgs 460/1997 [non ancora abrogato come indicato nell’articolo 102, comma 2, lettera a) del Dlgs 117/2017, in quanto non ancora pervenuta l’autorizzazione della Commissione Europea] recita: «Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione (….) la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal Dpr 10 ottobre 1994, n. 645, e dal Dl 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e ntegrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni».
Ciò significa che la corresponsione di emolumenti individuali annui ai componenti degli organismi amministrativi di controllo, deve essere limitata tenendo conto sia del compenso massimo per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni, previsto dal Dl 239/1995 (L. 336/1995), che anche ( “e”, quale “e” congiunzione che assume il significato di “anche”), da quanto disposto dal Dpr 645/1994.
L’articolo 1 del citato Dl 239/95 stabilisce che «Fino a quando la materia non sarà disciplinata con apposito regolamento, gli onorari da corrispondere a norma dell’articolo 37, commi 2, 3 e 4, del Dpr 10 ottobre 1994, numero 645, non possono superare, anche cumulativamente, lire 80.000.000 (pari a 41.316,55 euro), salvo diverso accordo fra le parti».
Il Dpr 645/1994, abrogato e sostituito dal Dm 169/2010, contiene i criteri di determinazione degli onorari, delle indennità e dei criteri di rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
La corretta valutazione del giusto compenso da erogare agli amministratori di società sportive andrà pertanto effettuata tenendo conto dei valori di bilancio delle società medesime, nonché sulla base degli elementi descritti in precedenza.
Cit. “Il Sole 24 Ore”