L’indennità viene erogata da un ente bilaterale ai dipendenti iscritti.
Nella risposta a interpello 462/2023 viene analizzata l’imponibilità di alcune prestazioni che un ente bilaterale intende erogare a favore dei lavoratori iscritti.
Nell’ambito delle pratiche di welfare aziendale svolte, e finalizzate a favorire il benessere dei lavoratori iscritti, nel 2023 l’ente erogherà:
- un «contributo per malattia di lunga durata» per contrastare gli effetti negativi generati dalla malattia di lunga durata;
- un «bonus straordinario Covid-19» non avente una funzione di sostegno reddituale ma di alleviamento degli effetti negativi subiti dagli iscritti per effetto della crisi pandemica, che ha sottoposto la «popolazione a forti pressioni, sanitarie, sociali, psicologiche, le cui ripercussioni sono ad oggi evidenti».
Entrambe le prestazioni hanno carattere di una tantum, sono previste in misura fissa e saranno erogate, seguendo l’ordine di presentazione delle domande da parte degli iscritti, fino a esaurimento dei fondi stanziati. L’ente ha richiesto pertanto se, in qualità di sostituto di imposta, dovrà o meno applicare la ritenuta d’acconto su tali erogazioni.
L’agenzia delle Entrate, convenendo con la soluzione proposta dall’organismo istante, ritiene non imponibili tali prestazioni in capo ai percettori (e quindi non assoggettabili a ritenuta d’acconto Irpef) riconducendole nell’ambito di prestazioni assistenziali, non inquadrabili in nessuna delle categorie reddituali indicate dall’ articolo 6 del decreto del presidente della Repubblica 917/9186 (Tuir) e nemmeno nei proventi o nelle indennità sostitutivi di redditi.
Pur non citandoli espressamente, l’Agenzia, nel valutare l’imponibilità di tali prestazioni, sembra riferirsi ai concetti di “lucro cessante” e di “danno emergente” a cui aveva fatto ricorso nella risposta a interpello 492/2021. In tale documento, che verteva sempre su erogazioni fatte da un ente bilaterale ai propri iscritti, l’Amministrazione finanziaria aveva infatti ricordato che, in base all’articolo 6, comma 2, del Tuir «sono tassati i redditi sostitutivi ed integrativi di redditi (cd. lucro cessante), mentre non hanno rilevanza fiscale e non sono, quindi, tassabili, le somme percepite per risarcire una perdita patrimoniale (cd. danno emergente) nonché quelle non inquadrabili in una delle predette categorie reddituali».
Una distinzione che nell’interpello del 2021 ha condotto l’Agenzia a concludere per l’imponibilità delle prestazioni erogate dall’ente ai dipendenti iscritti, in quanto si caratterizzavano per essere sostitutive, ovvero integrative di redditi; veniva inoltre chiarito che non era nemmeno applicabile l’ articolo 10-bis, del decreto legge 137/2020 (decreto Ristori) che prevedeva una detassazione dei contributi, delle indennità e di ogni altra misura di sostegno economico relativa all’emergenza Covid-19, essendo una norma agevolativa destinata solo alle imprese e ai lavoratori autonomi.
Cit. “Il Sole 24 Ore”