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Nei contratti sotto i 12 mesi 1 giorno di prova ogni 15 di calendario

2024-12-18 14:17

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Nei contratti sotto i 12 mesi 1 giorno di prova ogni 15 di calendario

Salve le disposizioni più favorevoli degli accordi collettivi. Limite minimo di 2 giorni e massimo di 15 o 30 se il contratto è sotto o sopra 6 mesi.

Salve le disposizioni più favorevoli degli accordi collettivi. Limite minimo di 2 giorni e massimo di 15 o 30 se il contratto è sotto o sopra 6 mesi.

Il Collegato lavoro approvato dal Senato fornisce i criteri numerici per determinare la durata del periodo di prova nei rapporti a tempo determinato. L’articolo 13 integra il Decreto trasparenza (Dlgs 104/2022) con la previsione per cui, fatte salve più favorevoli disposizioni del contratto collettivo, la durata del periodo di prova nei contratti a termine è stabilita in un giorno di effettiva prestazione ogni 15 giorni di calendario.

Si precisa, quindi, che il periodo di prova non può avere, in ogni caso, durata minima inferiore a 2 giorni e viene fissato anche un tetto alla durata massima, che non può essere superiore a 15 giorni per i contratti a termine fino a 6 mesi, né superiore a 30 giorni per i contratti di durata superiore a 6 mesi e inferiore a 12 mesi.

Il Dlgs 104/2022 aveva introdotto la regola per cui il periodo di prova nei rapporti di lavoro a tempo dovesse essere determinato in misura proporzionale alla durata e alle mansioni del contratto a termine. La norma (articolo 7, comma 2) non stabiliva, tuttavia, i criteri per determinare la durata più ridotta del periodo di prova nei rapporti a tempo determinato rispetto alla durata convenzionale prevista dai contratti collettivi in base alla categoria e al livello di inquadramento.

L’articolo 7 costituiva recepimento del principio espresso nella Direttiva UE 2019/1152 sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili, secondo cui «gli Stati membri provvedono affinché la durata di tale periodo di prova sia proporzionale alla durata prevista del contratto e alla natura dell’impiego». Nel considerando 28 della Direttiva era stato precisato che il principio di durata «adeguata e proporzionale» della prova dovesse essere assicurata ai rapporti di lavoro a tempo con durata inferiore a 12 mesi.

In questo quadro normativo si colloca adesso l’articolo 13 del Collegato lavoro, che individua il criterio di calcolo attraverso cui, in applicazione del principio di proporzionalità, si determina la durata del periodo di prova nei rapporti a tempo determinato. Ogni 15 giorni di calendario matura 1 giorno di effettivo lavoro in prova, con la fissazione del limite minimo di 2 giorni e del limite massimo rispettivamente di 15 o 30 giorni a seconda che il contratto a termine non sia superiore a 6 mesi o, benché superiore, resti al di sotto dei 12 mesi.

È da notare che il limite massimo individua un numero di giorni maggiore di quello che si raggiunge con il meccanismo di 1 giorno di prova contro 15 giorni di calendario (ad esempio, 1 mese = 2 giorni di prova X 6 mesi = 12 giorni). Ciò implica che la durata della prova può essere prevista nel contratto di assunzione in misura più elevata rispetto al puro calcolo numerico di 1/15, purché entro il limite massimo di 15/30 giorni.

La previsione induce anche chiedersi come si debba applicare il meccanismo di calcolo ai rapporti a termine che hanno durata iniziale pari o superiore a 12 mesi, perché per essi non è previsto il limite massimo di durata.

Il meccanismo di calcolo definito ex lege cede il passo alle «disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva». Questo passaggio della norma può indurre qualche difficoltà sul piano interpretativo, in quanto la locuzione si presta a differenti letture. In un sistema improntato al principio del “favor praestatoris” non sembra discutibile che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, a prevalere sia la disciplina sulla durata del patto di prova che privilegia il lavoratore. Tuttavia, non è scontato quale sia il maggior vantaggio per il lavoratore: quello a ridurre l’estensione temporale della prova per avvicinare il momento in cui il rapporto diventa stabile, o piuttosto ad allungare la durata della prova per avere un tempo maggiore per esprimere le proprie capacità?

In linea con precedenti approdi della giurisprudenza, si è indotti a ritenere che la soluzione vada ricercata sulla base del caso concreto, aprendosi uno scenario di incertezza applicativa foriero di ricadute in sede giudiziale.

Cit. “Il Sole 24 Ore”



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